Menu principale:
Ricordi
Quanti sono i bivi dove sarebbe. stato giusto indugiare, quante le strade che avremmo potuto imboccare, quanti gli incontri capaci di diventare amicizie, chissà che cosa ci ha fermato, quale ombra è scesa, o quale lampo a farci volgere in una direzione o in un'altra. Tutta la serie degli oggi che fanno il mio ieri, con le incerte parole, le possibili vite solo sfiorate, i pensieri tentati, fanno groppo intorno al cuore quando la memoria si appunta su un volto che un segno grafito o dipinto o una pagina scritta richiama, con una voce che viene da un altrove qualche volta sentito più vero dell'adesso e qui. Tra queste immagini che mi fanno compagnia c'è, sottile e intensa, anche quella di Nelia Massarotti. Un volto mangiato dagli occhi, un guizzare di sorriso tra linee scavate: è possibile che volto e opera si identifichino nel ricordo quasi miracolosamente sovrapponendosi? Sulla parete un piccolo argento dipinto in linee aguzze elegantissime, nella memoria quella faccia vibrante di donna: la incontrai a una mostra vicino al Castello milanese, ero da poco a Milano, e quella maniera nervosa e intrigante di fermare le visioni e i pensieri mi si impose con una autorità che sentivo amica perché cercata e patita nella dedizione totale al proprio essere e dirsi in un mestiere scelto con l'ostinazione necessaria a una donna del tempo ch'era stato quello della formazione artistica di Nelia.
La rividi poi nel suo ambiente naturale, la bella casa-studio di via Maddalena, ingombra di carte, di nobili cose antiche, di calde cose nuove, presenze tutto di amicizia con il mondo in cui viveva e cui voleva dare una sua espressione. Una donna ricca dentro, e pure una donna sola. Quando uscì La spiaggia del lupo, il libro che mi riportava alla narrativa dopo i sei anni di studi critici che erano seguiti a Approssimato per difetto, Nelia mi scrisse: e fu ancora un ritrovarsi e riconoscersi. Angela, mi diceva, è una donna coraggiosa, e il libro è «in difesa della coscienza e della dignità di noi donne». E poi, con la grazia che è degli artisti, mi elencava gli odori e i sapori di Liguria che le avevano fatto risentire le sue estati al mare dell'infanzia e della gioventù.
Serve dire adesso che avremmo potuto scambiarci più parole, stare bene insieme più a lungo? Sempre questo lamento si alza per chiunque abbiamo amato e perduto: perché l'amore che si dà è sempre e comunque manchevole o distratto. Allora meglio dirsi che niente va smarrito, se un'immagine dura affidata alle opere. E’ la maniera che Nelia, sono certa, voleva di essere ricordata. Anche perché nel suo segno il sentire era filtrato dall'intelligenza, la sensualità asciugata nella metafora astratta, la situazione esistenziale fermata solo per sapienza di scrittura. Non è un caso che attraverso Nelia abbia conosciuto Maurice Henry, che lei sentì maestro e amico: la realtà è quel che la definisce trascendendola per colori e linee, surrealismo e humor, razionalità e scrittura di quel che razionale non è, questa la tensione della poetica di Henry, che nel 77 scriveva, a proposito delle «traces du songe»: ((Je ne sais toujours pas où je vais, mais je commence à entrevoir le sujet de mon rêve qui, comme tout rêve, aura une fin.» E la fine è l'opera compiuta. Quella cui, dopo l'altro sogno troppo breve e ingannevole della vita, Nelia ha affidato la sua ricerca intrepida per liberare la propria essenza profonda, trovandovi un giusto, appagante, e infine pacificato, approdo.
Gina Lagorio
Tratto da:
Nelia Massarotti - Dentro e fuori l’immagine
Mazzotta Cataloghi - 1982